6.12.13

Doppio turno alla francese, che qualcuno ce ne scampi

Via il Senato e doppio turno alle elezioni come in Francia. Sarebbe questo,stando a la Repubblica, l’accordo tra Enrico Letta e Matteo Renzi(proclamato segretario del Pd prima delle primarie).
Nel Paese in cui si considera la governabilità un totem a discapito della sovranità («che appartiene al popolo) e della democrazia e nel giubilo collettivo anti-Porcellum, ci si dimentica qualche caratteristica particolare del suddetto sistema elettorale che – è bene ricordarlo – premia la stabilità a discapito dell’effettiva rappresentatività, generando maggioranze bulgare con una fetta minoritaria di voti su scala nazionale (il sistema elettorale francese è basato sui collegi e i seggi sono suddivisi in basse alla vittoria del candidato X nel collegio Y).
Prendiamo proprio l’esempio della Francia (grafico realizzato da YouTrend):
francia
Come si può notare, vi è un forte indice di disproporzionalità che, se da un lato penalizza i partiti esterni alla coalizione vincente (due su tutti: Front National e Front De Gauche), dall’altro favorisce (e di molto) il Partito Socialista e gli alleati.
Numeri alla mano, il Front National, con il 13%, ha ottenuto appena due seggi (lo 0,4%, con un tasso di disproporzionalità del 12,81%). Il Front De Gauche(non alleato con il PS), con il 6,9%, ne ha guadagnati dieci (l’1,7%; indice di disproporzionalità: 3,92%). Il Parti Radicale de Gauche – in virtù dell’alleanza con i socialisti – ne ha ottenuti 12 con l’1,7%. Stesso discorso per la Divers Gauche che, con il 3,4%, si è ritrovata con 22 seggi.
Quello francese, quindi, è un sistema elettorale ricattatorio, che di fatto obbliga i partiti (in modo particolare quelli più piccoli) a coalizzarsi per non sparire e/o per avere un peso all’interno dell’Assemblea Nazionale. In Italia, ci sarebbe il rischio di ritrovarsi con un’Armata Brancaleone (in pratica con l’Unione) e con l’impossibilità di creare un’alternativa di sinistra al Pd o di destra a Berlusconi.
Ma non è finita qui: il sistema francese, il cui obiettivo è garantire un governo stabile e duraturo, può avere fortuna in tal senso in un Paese bipolare o bipartitico.  Essendo emerso il fenomeno del M5S (che ha già dato prova, a Parma, di poter vincere i doppi turni), paradossalmente ci sarebbe persino la possibilità di non avere alcuna maggioranza, visto che il calcolo dei seggi avviene sulle vittorie dei candidati nei collegi e non sul numero dei voti ottenuto su scala nazionale.
Ma ci sarebbe una variabile ben peggiore dell’instabilità, che in pochi prendono in considerazione: nel 1993, in Francia, il centrodestra prese il 58% dei voti al secondo turno. Sapete quanti seggi ottenne grazie ai collegi? L’84%. Nemmeno la Legge Acerbo voluta da Mussolini arrivava a tanto.
P.S. Aggiungo al post un commento integrativo di Matteo Marchetti:
Dovresti anche ricordare che è completamente diverso il sistema istituzionale: il presidente francese (eletto direttamente o quasi) detiene l’esecutivo, il primo ministro è un suo delegato. In un sistema parlamentare come quello italiano, dove il presidente del consiglio dovrebbe contare meno (e ricevere la fiducia dal parlamento, meccanismo già saltato da tempo), avere maggioranze simili equivale a potere assoluto. Pensiamo allo scempio della Costituzione che avrebbe potuto fare lo Chirac del 1993 in Italia. Già due volte – con il Mattarellum e l’attuale norma – abbiamo varato leggi elettorali in palese contrasto con l’intenzione del nostro impianto istituzionale, di fatto varando delle riforme costituzionali attraverso leggi ordinarie. Il Mattarellum del 93 puntava a distruggere il “consociativismo” e dare stabilità all’esecutivo; il porcellum di fatto legava le sorti delle Camere a quelle dei governi (bisogna indicare il nome del “capo”). Ora che si è assodata l’impossibilità di varare la controriforma della Costituzione, vi si procede al solito per via obliqua.

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