Pochi clandestini dall’Africa, ora passano da Turchia e Balcani. La metà entra con visto o permesso di soggiorno, poi sparisce
GUIDO RUOTOLO
E adesso che Lampedusa diventerà il fortino abbandonato, l’avamposto o la retrovia di quell’Europa che non vedeva l’invasione, che lasciava sola l’Italia a tentare di arginare il flusso di immigrati, ci sentiremo tutti un po’ orfani. E questo perché il governo ha imboccato la linea della fermezza, dei respingimenti in mare. E’ come se all’improvviso si fosse creata una (sbagliata) consapevolezza: non vedremo più le immagini drammatiche delle carrette stracolme di disperati che approdavano a Lampedusa o sulle coste siciliane. E dunque, questo vorrà dire che avremo risolto il problema degli sbarchi dei clandestini. Ovvero, abbiamo risolto il problema dei clandestini? E’ il clima della campagna elettorale a fare brutti scherzi, perché in realtà i clandestini continuano ad arrivare in Italia. Anzi, già ci sono da un pezzo. E’ vero, negli ultimi tempi quelli di Lampedusa erano soprattutto richiedenti asilo, africani scappati dalle guerre del Corno d’Africa (il 70% delle 31.200 domande d’asilo presentate nel 2008 riguardano extracomunitari sbarcati in Sicilia).
Non più i soliti tunisini o egiziani che, rispediti a casa con gli accordi di riammissione, per il momento si sono fermati. Ma ora che abbiamo sciolto il dilemma del rispetto della Convenzione di Ginevra (negando di violarla), abbiamo l’occasione di scoprire che invece di guardare al sud dirimpettaio delle coste nordafricane, dobbiamo girare il nostro sguardo ai porti dell’Adriatico o della Liguria, agli aeroporti del Nord, o a quello di Roma. Prendere atto che entrano via terra dagli altri Paesi europei, dalle frontiere Schengen che non ci sono più. E lo fanno sia da clandestini che da «overstayers», che vuol dire che si tratta di extracomunitari entrati regolarmente nel nostro Paese ma che sono diventati irregolari perché è scaduto il visto turistico o il permesso di soggiorno. Arrivano nei porti di Bari, Ancona, Brindisi, Trieste, Venezia, Savona, Genova a bordo di tir, di automezzi, come «merci» camuffate tra fusti di arancia o cassette di mele. Come la droga, come le sigarette di contrabbando. Ad Ancona, addirittura, nell’autunno scorso, ne hanno trovati tutti in una volta 67 (erano curdi, iracheni e afghani) in un doppiofondo di un tir con targa tedesca e autista greco. I clandestini hanno dichiarato di aver pagato dai 400 ai 1.000 euro a testa per il viaggio. Erano diretti nei paesi del Nord-Europa. Il tir era sbarcato da un traghetto della «Minoan Lines» salpato dal porto greco di Igoumenitsa.
E nel marzo scorso, sempre nel porto di Ancona, sono stati trovati tre afghani nascosti tra 78 fusti di arancia su di un tir, sbarcato sempre da una nave greca. Ogni anno, le forze di polizia di Ancona respingono 2.500 clandestini, gran parte dei quali rimandati in Grecia, paese di transito (e dell’Unione Europea). Complessivamente, l’anno scorso alle frontiere terrestri (i porti) sono stati respinti circa 8.000 extracomunitari. Una goccia, rispetto alla realtà. Perché i controlli sui tir, come è noto, si fanno a campione. E tutte le segnalazioni investigative sostengono che questa filiera curda-afghana-irachena transita per l'Italia diretta in Belgio, in Inghilterra, in Francia, in Germania, in Svizzera. Tutti gli esperti che si occupano del fenomeno dell’immigrazione - dalla Caritas alle organizzazioni sindacali, dai tecnici delle forze di polizia alle associazioni degli stranieri in Italia - concordano nel dire che la porta d’ingresso nel Paese di Lampedusa e della Sicilia rappresenta solo il 10% (per alcuni il 7%) della massa di immigrati irregolari presenti sul territorio nazionale. Se prendiamo come metro di paragone gli sbarchi del 2007 (20.453) - perché quelli dell’anno successivo e dei primi tre mesi di quest’anno, con i loro picchi altissimi, 36.952 nel 2008, 4.000 nei primi tre mesi dell’anno in corso, farebbero sballare di molto la media ponderata - sono circa 200.000 gli irregolari che ogni anno entrano in Italia. Molti poi emigrano negli altri Paesi della Ue, una quota si regolarizza, un’altra finisce in carcere per aver commesso reati, un’altra ancora viene espulsa, riportata nei paesi di origine.
Gli esperti concordano, dunque, nello stimare in mezzo milione il numero dei clandestini attualmente presenti in Italia. Se è vero che le carrette del mare di Lampedusa o di Pozzallo rappresentano solo il 10% dei clandestini, il 40% di irregolari arriva via terra-mare (esempio: Grecia). il grosso, il 50%, riguarda i cosiddetti «overstayers». Desaparecidos sono diventati anche i cubani. Sì, dall’Isola di Fidel erano arrivati, nel 2008, trecento cittadini di Cuba. Ma di questi ne sono ripartiti solo 100. Che fine hanno fatto gli altri 200? Una volta erano clandestini i romeni che, oggi, sono diventati cittadini della Unione Europea. E sui cinesi, da sempre si favoleggia che il numero dei presenti rimane sempre lo stesso, o poco più, perché i nuovi arrivati prendono i documenti di quelli passati ad altra vita. A leggere poi le statistiche del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, si apprende che al 31 dicembre scorso, nelle nostre carceri erano detenuti complessivamente 21.562 stranieri: il 51% si tratta di africani, il 37% di europei (che comprendono anche gli ex Paesi dell’Est o dei Balcani).
I detenuti marocchini hanno su tutti il primato: sono 4.714. Il prefetto Antonio Manganelli, Capo della Polizia, spiegava sabato che come la mafia è stata l’emergenza degli Anni 90, così oggi la questione criminale legata all’immigrazione clandestina rappresenta la nuova emergenza: «Un terzo dei reati è commesso da clandestini. Il rapporto fra reati e clandestinità è pari al 60-70%, in certe parti del Paese». Come dire: il clandestino commette il 60% dei reati. Una grande confusione regna sotto il cielo degli stranieri in Italia. Secondo l’Istat, agli inizi del 2008 erano 3.433.000 quelli regolari e residenti nel Paese. Mezzo milione in più rispetto a due anni prima. Per la Caritas, gli stranieri sono 4 milioni. Insomma, su 15 cittadini, uno è straniero. Addirittura, uno straniero ogni dieci lavoratori. Nel marzo scorso, il ministero del Lavoro ha distribuito le quote del decreto flussi del 2008: 150.000 nuovi permessi. Ma ancora mezzo milione di famiglie e imprese italiane aspettano risposte alle domande dei flussi d’ingresso.
Due anni fa ne furono presentate 700.000: 130.000 sono state accolte, 70.000 respinte. Le altre 500.000, appunto, aspettano ancora una risposta. Teoricamente, si tratta di domande per poter assumere cittadini extracomunitari che aspettano nei loro paesi d’origine il semaforo verde per poter venire a lavorare in Italia. In realtà, sono qui da anni. Lavorano, creano ricchezza, soddisfano le esigenze delle famiglie (colf e badanti). Ma adesso - quando sarà approvato il pacchetto sicurezza che prevede anche il reato di clandestinità - se pizzicati dalle forze di polizia, come ha assicurato il sottosegretario Alfredo Mantovano, saranno espulsi.
lastampa.it
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