14.10.08

Gli errori di Washington

di Paul Krugman
Il primo ministro britannico Gordon Brown ha salvato il sistema finanziario mondiale? La domanda forse è prematura: non conosciamo le modalità precise di intervento del piano di salvataggio in Europa né di quello negli Stati Uniti, e non abbiamo nemmeno la più pallida idea se funzioneranno davvero. Sappiamo però che Brown e Alistair Darling, il Cancelliere dello Scacchiere, hanno delineato il modello di intervento di salvataggio mondiale e le altre nazioni ricche lo stanno adottando.
E' una svolta a dir poco inattesa. Il governo britannico dopotutto è un partner di recente acquisizione per ciò che concerne gli affari economici mondiali. Londra è sì uno dei centri finanziari più importanti al mondo, ma l'economia britannica è di gran lunga più piccola di quella statunitense, e la Banca di Inghilterra non ha nemmeno lontanamente l'influenza della Fed o della Bce.
Non ci si aspetterebbe di vedere la Gran Bretagna assumere un ruolo leader. Il governo Brown ha mostrato di aver riflettuto con chiarezza e di voler agire sollecitamente in base alle conclusioni raggiunte. Nessun altro Paese, tantomeno il nostro, ha saputo abbinare chiarezza e determinazione con analogo successo.
Come fare per attenuare la crisi? Gli aiuti ai proprietari di case, per quanto auspicabili, non servono a precludere forti perdite per i cattivi prestiti, e in ogni caso avranno effetto troppo lentamente per risultare utili nell'attuale panico. L'intervento più naturale è affrontare il problema dell'inadeguatezza di capitali facendo sì che i governi forniscano agli istituti più capitali in cambio di una quota di proprietà.
Questa temporanea seminazionalizzazione è la soluzione alla crisi caldeggiata da molti economisti. Secondo alcune fonti questa era la formula segretamente preferita da Bernanke, presidente della Fed. Eppure, quando Paulson ha annunciato il programma di salvataggio ha respinto questo ovvio iter dichiarando: "Ciò è quanto si fa quando si fallisce".
Egli al contrario ha esortato il governo ad acquistare pessimi titoli garantiti da prestiti ipotecari, basandosi sulla teoria che... beh, non è mai stato molto chiaro a quale teoria facesse riferimento. Nel frattempo il governo britannico è andato direttamente al nocciolo del problema e lo ha affrontato con strabiliante velocità.
Mercoledì i collaboratori di Brown hanno annunciato un piano mirante a iniettare ingenti capitali nelle banche britanniche, sostenuto dalle garanzie sul debito bancario, che dovrebbe consentire alle banche di ripristinare il sistema di prestito reciproco di denaro, parte critica del meccanismo finanziario. A distanza di cinque giorni dall'annuncio arriva il primo grosso impegno di finanziamento, e le più importanti economie d'Europa si dicono pronte a seguire l'esempio della Gran Bretagna iniettando centinaia di miliardi nelle banche e a garantirne i debiti.
Guarda un po', dopo aver sprecato parecchie settimane preziose, anche Paulson adesso ha cambiato idea: sta meditando di comperare partecipazioni azionarie invece di nocivi titoli garantiti da prestiti ipotecari, anche se risulta che si stia muovendo con una lentezza esasperante.
Questa politica economica pare ispirata da una chiara visione di ciò che occorre fare. Il che ci porta inevitabilmente a formulare la seguente domanda: perché mai questa chiara visione è dovuta arrivare da Londra, invece che da Washington? È difficile eludere la sensazione che la reazione iniziale di Paulson sia stata distorta dall'ideologia. Non dimentichiamo che Paulson lavora per un'Amministrazione la cui filosofia di governo potrebbe essere sintetizzata in questi termini: "Il privato è bene, il pubblico è male".
Da tutto il ramo esecutivo sono stati allontanati i professionisti esperti e competenti e può anche darsi che al Tesoro non sia rimasto nessuno con la levatura e il background necessari a dire a Paulson che ciò che stava facendo non aveva senso. Per buona sorte dell'economia mondiale, Gordon Brown e il suo staff hanno preso una decisione sensata e opportuna. Forse ci hanno indicato come uscire da questa crisi.
Traduzione di Anna Bissanti
Copyright The New York Times
repubblica.it

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