20.10.08

L'uso bipartisan dei bambini in piazza

La polemica Il finto sdegno dei politici. Quando Togliatti disse del piccolo D'Alema: è un nano
Dagli «orsetti» leghisti ai minori in tuta bianca. E c'è chi li mette nei calendari

Giù le mani dai bambini. Ha ragione la destra, a scandalizzarsi per i piccini portati in piazza dalla sinistra a manifestare contro Mariastella Gelmini: non si fa. Che «la grande novità della contestazione studentesca stia proprio nei baby-scioperati», però, è una balla grande quanto la bolla di sapone da 32 metri con cui Alan McKey entrò nel Guinness dei primati. L'hanno sempre fatto, purtroppo, tutti. A partire da chi oggi si indigna.

Un esempio? Maurizio Gasparri. Ieri ha tuonato: «C'è molta malafede in queste contestazioni. Trovo sgradevole l'uso dei bambini nelle manifestazioni. È sbagliato strumentalizzare e disinformare i bambini portandoli nei cortei. È una cosa gravissima e chi lo fa è un cattivo genitore». Bene, bravo, bis. Peccato che una bella foto lo immortali con la figlioletta al «family day». Dirà: era un'altra cosa. Giusto. Ma al di là delle distinzioni, la bambina aveva un «pass» personale per l'accesso al «backstage » con la voce appartenenza riempita così: «Alleanza Nazionale ». Come fosse un'esponente politica (in miniatura) venuta lì a fare politica per un partito. Sia chiaro: non è una polemica solo italiana. Per citare un solo episodio, val la pena di ricordare la Marcia dei Bambini organizzata anni fa dal Children's Defense Found a Washington per protestare contro una serie di tagli. La Coalizione per i valori tradizionali fu durissima. E accusò gli organizzatori di essere dei «disonesti » che strumentalizzavano «l'amore per i bambini ai fini di gonfiare le dimensioni e il potere del governo federale ». Né si può dire che anche da noi le tradizioni non siano antiche. Ve li ricordate i pionieri comunisti? Erano così indottrinati che quando Palmiro Togliatti sentì l'infante Massimo D'Alema rivolgere il saluto al congresso sbottò: «Ma questo non è un bambino: è un nano! ».

E i manifesti elettorali della Dc nel dopoguerra? In uno, terrorizzante, una bimbetta scappava davanti ai cingoli del carro armato russo con lo slogan che barriva: «Salva i tuoi figli!». Un altro mostrava uno scolaretto col grembiulino che arringava i compagni di classe: «E se papà e mamma non andranno a votare noi faremo la pipì a letto!». Insomma, molto prima che Il Giornale sparasse ieri mattina il titolo «Che rabbia quei bimbi in corteo» e pubblicasse un commento sdegnato («Allora, mammine evolute che per le creature cercate la merendina "bio" e lo zainetto-trolley: siamo sicuri che l'esperienza del corteo sia così edificante?»), l'uso dei piccoli come testimonial politici di freschezza, gioventù, pulizia era già stato provato mille volte.

E se resta indimenticabile il corteo del 1˚ maggio 1969 per le strade di Milano, con decine di bimbi coi cappottini che portavano al collo il fazzoletto rosso e reggevano il «libretto rosso» maoista sotto le bandiere dell'Unione dei comunisti marxisti leninisti, sarà difficile scordare anche il «Baby club» azzurro fondato nel '94 dalla figlioletta di Maria Pia Dell'Utri: «Mi ha detto: "Mamma, posso essere anch'io presidente di un club di Forza Italia per bambini?" E io: "Ma certo amore, è una splendida idea, chissà come sarà contento papà" ». Strepitosa la motivazione: «La bambina ha voluto uno striscione con scritto "Silvio facci sempre vedere i cartoni", ha raccontato la mamma alla ragazza che la intervistava per il giornale dei quartieri, "Roma circoscrizione". La signora ha poi spiegato che i bambini temevano che se Berlusconi avesse perso le elezioni loro non avrebbero più avuto cartoni animati in tv». I Radicali, ad aprire un loro congresso, piazzarono una scricciola («tesserata di quattro anni», annotò ironico Filippo Ceccarelli) che si chiamava Altea: «In un bel vaso di porcellana/ era rinchiusa una bella cinesina/ che danzava una danza americana/ con il capitano della Marina». Quindi cinguettò in un diluvio di applausi: «Ciao e buon congresso». «Cari genitori, mi permetto di chiedere il vostro sostegno alla mia candidatura...», scrisse qualche anno fa ai papà e alle mamme dei suoi scolari Maria Paola Marinari, maestra elementare e candidata diessina. «È più bello nascere se si è desiderati», diceva un cartello sorretto da due bambine portate dalla mamma a una manifestazione a fav ore del l'aborto a metà degli anni Settanta.

E come spesso accade in politica, i casi di chi mostra di avere due pesi e due misure sono frequentissimi. Uno per tutti, quello di Alessandra Mussolini. Prima schifata dall'aver letto che Ugo Gregoretti ed Ettore Scola stavano preparando per il suo avversario, Antonio Bassolino, uno spot con una specie di «"talk show" con bambini e bambine». Poi soavemente serena nel dire a Klaus Davi che no, «non ci possono essere tabù» all'idea di portare le scolaresche in gita scolastica sulla tomba del Duce a Predappio: «I miei figli è chiaro che li ho portati». Sempre lì torniamo: chi è senza peccato scagli la prima pietra. Vale per la sinistra radicale, che a una manifestazione contro il G8 arrivò a mandare incontro ai poliziotti schierati un bambino sul monopattino con la «tuta bianca » dei più accesi contestatori.

Vale per Silvio Berlusconi che non resistette alla tentazione di giocare con le scolaresche chiedendo: «Lo sapete l'inno di Forza Italia?». Vale per An che in polemica col Bossi secessionista fece sfilare bambini con la maglietta che diceva «Io sono italiano». Vale per la Lega, che si è inventata gli «orsetti padani» e fa sfilare i figlioletti con le bandiere col sole delle Alpi e sul palco di Pontida affidò il microfono alla piccola Jessica perché, foulard verde al collo, intonasse il Va pensiero. Vale infine per la destra fascista, che nel solco della propaganda mussoliniana, la più spregiudicata di tutte con quella bolscevica nell'uso dei fanciulli, è arrivata a fare il nuovo calendario 2009 di Forza Nuova con un balilla che fa il saluto romano. O a girare un video, finito su Youtube, in cui un baby squadrista di sei o sette anni, teso il braccio fascista, canta: «Le teste rosse cominciano a cadere / sono tornate le camice nere / sono tornate con spranghe e manganelli / son tornati per l'amor dei miei fratelli / boia chi molla, un grido di battaglia / boia chi molla, là dove si scaglia / questa è la storia di un piccolo fascista / che ammazzò quel bastardo comunista ». Si dirà, a sinistra e a destra e al centro, che ogni papà ha diritto a educare il figlio come vuole. Contro Mariastella Gelmini o contro i «terroni», contro i sindacati o contro i comunisti. E c'è chi in nome della libertà educativa ha teorizzato perfino l'apertura di scuole di destra per i bambini figli di genitori di destra e di sinistra per i bambini figli di genitori di sinistra. Ma non sarà il caso che, su questo punto, facciano tutti un passo indietro?

Gian Antonio Stella
corriere.it

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