31.10.08

Illustri esempi di epopea dei pluririfiutati

Maria Teresa Carbone
Che si possa campare di rifiuti non è una scoperta, come sanno tutti quelli che rovistano nei cassonetti stracolmi, certi di trovare l'indispensabile e (più spesso) il superfluo. In qualche misura, la regola vale anche in campo editoriale: se un solo rifiuto, il primo d'abitudine, serve soprattutto a deprimere chi l'ha ricevuto, decine - o ancor meglio, centinaia - di lettere editoriali più o meno gentili, più o meno stereotipate, possono funzionare da tasselli per la composizione di un nuovo libro. Qui come là, ci vuole una notevole tenacia, forse una ancor più notevole disperazione.Tempo fa, nei primi anni '90, uno scrittore calabrese, Giuseppe Cerone, si è guadagnato i propri quindici minuti di celebrità raccontando le sue vicissitudini di pluririfiutato in un volume, Lo scrittore, che ha trovato anche una piccola casa editrice, Garamond, disposta a pubblicarlo. Da allora il libro, come accade anche a tanti capolavori, è uscito di catalogo, ma l'indomito Cerone, complice l'infinita disponibilità della Rete, ha aperto un sito - loscrittore.too.it - all'interno del quale si trova perfino una pagina intitolata «Come costruire un romanzo». Per completezza di informazione, Cerone ha pubblicato nel 2003 un altro libro, un manuale, Zen.Zip, definito da Tullio De Mauro, che ha firmato la prefazione, come «un'opera piena di saggezza condita d'ironia». Non certo ironico, ma «irregolare, appartato, oggetto di amore e odio, quasi di culto..., disperato e donchisciottesco», si presenta invece quello che, almeno in Italia, è diventato il portabandiera degli autori rifiutati, Antonio Moresco, di cui Stile libero Einaudi ha appena rimandato in libreria le Lettere a nessuno, uscite in origine per Bollati Boringhieri nel 1997, in una versione raddoppiata e con una copertina che ammicca alla sobrietà di Gallimard (e stride orribilmente con la costa arancione). Versione raddoppiata, perché alle prime «lettere» mandate, o non mandate, a editor e editori, Moresco ha aggiunto una seconda parte più magmatica, dove la dimensione epistolare si inserisce in un tessuto di appunti, pagine di diario, frammenti, per comporre - nelle intenzioni dell'autore - un quadro del «nostro chiuso presente... nella grande tradizione dello Zibaldone di Leopardi e del Mestiere di vivere di Pavese» (così la quarta di copertina, da cui sono tratti anche i virgolettati precedenti). Ma, forse, per descrivere il «chiuso presente» della cultura italiana, più delle settecento e passa pagine di Moresco vale la pena leggere uno smilzo libretto, «Non leggete i libri, fateveli raccontare», che Luciano Bianciardi pubblicò a puntate su «Abc» nel '67 e che ora viene proposto nella collana «Eretica» di Stampa alternativa. Sono sei «lezioni» destinate ai giovani desiderosi di diventare «intellettuali», e a quarant'anni da quando furono scritte, risultano fin troppo attuali.
ilmanifesto.it

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