31.10.08

Se l'editore DICE NO
Da Tomasi di Lampedusa a Goliarda Sapienza, lunga è la lista degli autori le cui opere sono state respinte dalle case editrici. Ma leggendo le lettere di Cesare Pavese raccolte in «Officina Einaudi» o la ricostruzione dell'«affaire Gattopardo» di Gian Carlo Ferretti, appare evidente come dietro certi rifiuti non ci sia miopia, ma valutazioni rigorose fondate su precise ragioni editoriali
Mariarosa Bricchi
Nell'autunno del 1979 il direttore letterario della Rizzoli, Sergio Pautasso, riceve una lettera di Goliarda Sapienza, cui ha rifiutato un romanzo qualche mese prima. Se Pautasso leggerà davvero il suo libro, scrive l'aspirante autrice, «forse prenderà la forza di non essere più il forzato del suo lavoro, o del suo talento o del suo dovere». Se leggere i libri dà forza ma il lavoro editoriale rende forzati, ci sono poche speranze per gli scrittori nuovi che cercano di farsi pubblicare. Il libro di Goliarda sembra documentarlo: L'arte della gioia avrebbe aspettato la stampa per altri vent'anni. Qualcuno, fin da allora, lo aveva paragonato al Gattopardo: nessuna parentela effettiva, ma un destino editoriale in due tempi (difficoltà di approdare alla pubblicazione e più o meno clamoroso successo postumo) che, col senno di poi, si riconosce in parte sovrapponibile. Il «distratto» VittoriniProprio sulle faccende (pre) editoriali del romanzo di Tomasi di Lampedusa è appena uscito La lunga corsa del Gattopardo di Gian Carlo Ferretti. Un libro piccolo piccolo che ha diversi meriti: racconta, a chi non le conosce, due storie interessanti; e soprattutto, attraverso quelle storie, fa chiarezza su un paio di temi cruciali legati alle vicende dell'editoria. Una storia è appunto quella del Gattopardo prima della sua pubblicazione. Esaminato da Mondadori nel 1956, e da Einaudi l'anno successivo, il romanzo esce alla fine, nel dicembre 1958, da Feltrinelli, per volontà di Giorgio Bassani, e diventa un successo mondiale, doppiando il trionfo feltrinelliano di un anno prima, Il dottor Zivago di Pasternak.La seconda storia è quella di come la prima storia è stata raccontata, interpretata e travisata. Un percorso di fraintendimenti che si è perpetuato negli anni, nonostante lo stesso Ferretti avesse già in passato reso pubblici i documenti della vicenda, gli stessi che questo libro, utilmente, ripropone. L'affaire coinvolge infatti un protagonista della cultura italiana, Elio Vittorini, nel ruolo, rispettivamente, di consulente per Mondadori, e di direttore di collana presso Einaudi. Facile dunque etichettare il tutto come un duplice rifiuto del romanzo da parte di Vittorini, distratto, o imprevidente, di fronte a un successo di cui non avrebbe saputo intuire il potenziale. Ma scorretto. Il che appare chiaro quando vengono messi a fuoco, attraverso l'esempio del Gattopardo, ragioni e chiaroscuri delle decisioni editoriali, specialmente di quelle negative; e quando si chiariscono i ruoli dei giocatori in campo (direttori, editor, consulenti), il peso e i limiti del loro potere e delle loro responsabilità. Esercizio tanto più utile se si pensa che quello del rifiuto è un tema tra i più risonanti dell'editoria, e si presta a facili derive larmoyantes. La storia letteraria, come tutti ricordano benissimo, ha i suoi grandi rifiutati. Accanto a Lampedusa campeggia, nell'Italia del secondo Novecento, Guido Morselli, morto suicida lasciando le lettere negative degli editori in una cartellina azzurra decorata col disegno di un fiasco. Ma non dimentichiamo che anche Se questo è un uomo di Primo Levi, in prima edizione nel 1947 presso la De Silva di Franco Antonicelli, era stato respinto da Einaudi, che lo riprese quindi a distanza di un decennio. Rifiuto inspiegabile dall'esterno - anche vista la successiva ammenda dell'editore. Ma maturato a seguito di varie letture e dettato da ragioni, se non altro, chiare: la sovrabbondanza, nell'immediato dopoguerra, di scritti su temi concentrazionari, e la convinzione che l'interesse del pubblico fosse ormai esaurito. L'alone che il rifiuto porta con sé (il grande tema è quello dell'innocenza perseguitata) può rideclinarsi, per contrasto, in un nuovo motivo di interesse, e l'avventura del libro in cerca di editore si trasforma ormai facilmente, in un mercato editoriale a sua volta in cerca di emozioni sempre più forti, in motivo di attrazione supplementare: al pubblico piace sapere che i libri che apprezza sono stati riconosciuti solo al termine di tortuose complicazioni. Nulla del genere trapela dal sobrio ricordo di Primo Levi, consegnato, anni dopo, a un'intervista giornalistica: «Se questo è un uomo - disse Levi - ebbe varie letture, toccò all'amica Natalia Ginzburg dirmi che a loro non interessava». Per contro le passate disavventure editoriali della tardivamente fortunata Goliarda Sapienza sono oggi parte della sua canonizzazione mediatica. Niente di diverso oltre confine. Jean Echenoz, alla fine pubblicato da un editore leggendario come Jérôme Lindon di Minuit, inizia il suo piccolo memoir Il mio editore presentandosi come un collezionista: «dispongo di una collezione pressoché esaustiva di lettere di rifiuto». Per non parlare di Harry Potter che, all'inizio, nessuno voleva.Incompatibilità di collanaMa perché gli editori respingono i libri? Vuoti d'attenzione, certo, e fretta, e miopia. Ma, non solo. Ci sono documenti di rifiuto dove nulla si concede alla superficialità: la lunga lettera dell'ottobre 1965 dove Italo Calvino spiega a Morselli le sue perplessità sul romanzo Il comunista testimonia forse di un errore, certo di una civiltà intellettuale, fatta di severa passione per i libri, di nettezza di giudizio, di rispetto per il lavoro dello scrivere, che scoraggia qualunque interpretazione scandalistica del rifiuto.In realtà il mancato riconoscimento della qualità letteraria è una leva ovvia ma non decisiva, ed entrano in gioco, almeno idealmente, altri fattori: valutazioni generali sull'interesse e sull'attualità del tema (vedi la rinuncia einaudiana a Se questo è un uomo); propensione o meno a dedicare tempo ed energie alla rielaborazione di un manoscritto magari promettente ma ancora acerbo; analisi della compatibilità di testo e autore con l'immagine del marchio o della collezione. L'ultimo tema è anche quello di massimo peso editoriale: ricorrono, nelle cronache, i libri rifiutati «perché non si sa in che collana metterli». O perché si adattano meglio al profilo di un altro editore. Pavese, per esempio, in una lettera ad Antonio Giolitti del febbraio 1947 scrive che la proposta di una certa antologia «sarebbe un'ottima trovata bompianesca». Per Einaudi, invece, proprio non va.Tutti questi motivi agiscono, come ricostruisce Ferretti, nella storia di Lampedusa. Cominciamo da Mondadori: alcuni capitoli del romanzo raggiungono la casa editrice e vengono valutati non positivamente da tre diversi lettori. Vittorini sintetizza i pareri altrui e annota: «Restituirei avendo cura di assicurarci che autore rispedisca a noi dopo fatta revisione». Questo non è un rifiuto. È il suggerimento, di un consulente al suo editore, di lavorare su un testo che può diventare interessante. La situazione è ben diversa quando, un anno dopo, Vittorini si trova a valutare una seconda volta il libro per la collana dei Gettoni, che lui stesso dirige presso Einaudi. I Gettoni sono votati alla scoperta del nuovo, sono il manifesto di un'interpretazione forte e personale dello scrivere, sono pensati per indicare «quel che intendiamo quando diciamo letteratura». In questo caso, il giudizio non può che essere netto, e ha a che vedere proprio con la compatibilità tra autore e collana, meglio con l'incompatibilità che il direttore avverte tra il romanzo di Tomasi e le sue proprie attese di romanzo. Questa volta Vittorini respinge il Gattopardo. Lo fa senza mezzi termini, e ne spiega le ragioni in una lettera all'autore. Per chiudere la storia: il romanzo non sarebbe mai stato ripreso in esame da Mondadori, perché la richiesta di revisione fu ignorata nella lettera ufficiale spedita dall'editore all'autore. Ecco un altro piccolo giallo che Ferretti dipana. E un'altra fonte di informazione sulle procedure editoriali: come direttore dei Gettoni Vittorini accetta o rifiuta un titolo in autonomia, secondo parametri interni alle logiche di collana; come consulente, si limita a sottoporre il suo parere, non vincolante, all'editore. Che agisce però in autonomia. Per esempio, trascurando un testo che sembra richiedere pratiche di editing molto lunghe e incerte.
ilmanifesto.it

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