di Giulio Tremonti - Aldo Cazzullo
Professor Tremonti, che fine ha fatto?
«Sono spesso all'estero, a cercare materiale per il libro che scriverò.
Quel che vedo mi ricorda un classico: "La Montagna magica". Il simbolo
del presente e del rischio che ci sovrasta».
Quale rischio?
«Dappertutto e tutti stiamo salendo, in un misto tra estasi, euforia e
incanto, su una montagna di carta. Un corteo guidato da guaritori,
sciamani, alchimisti, stampatori. Fatta con carta moneta di vecchio
stampo, con la plastica, con i computer, è una montagna che giorno dopo
giorno cresce esponenzialmente.
Negli anni 80 la massa
finanziaria internazionale era più o meno uguale a 500 miliardi di
dollari. A ridosso della crisi, la massa finanziaria globale era già
arrivata a 70 trilioni. Da ultimo, tra America, Inghilterra, Giappone,
Corea ed Europa si sono aggiunti altri 12 trilioni. Una grandezza
fantastica. Vengono in mente i fantastiliardi di zio Paperone».
Sta dicendo che le banche centrali immettono troppa liquidità nel sistema?
«Il mondo occidentale ha superato il concetto di limite. È uscito dai
confini dell'esistente, per entrare in una nuova dimensione che non è
materiale né reale, ma surreale, totalmente ignota, e quindi
meravigliosa.
Negli anni 60 la dottrina economica era quella
dei limiti allo sviluppo. Adesso la dottrina economica è "no limits":
non ci sono limiti allo sviluppo della moneta. Non è la prima volta.
Quando iniziano le grandi esplorazioni, si creano la bolla dei mari del
Sud e la bolla della Louisiana, terra di presunte illimitate
ricchezze. Poco dopo, con il crollo della banca di John Law, c'è il
crollo dei re di Francia».
John Law, il fondatore della Banque Royale, all'inizio del '700. Ma cosa c'entra?
«Il crollo della sua banca segnò la fine di un'epoca. Ora stiamo
replicando quella storia. Nella "Montagna magica", il gesuita padre
Naphta dice che tutto finisce quando Copernico batte Tolomeo. Il sistema
tolemaico, basato sulla centralità della Terra, era controllabile
dall'autorità.
E tuttavia nel mondo di Copernico i corpi
celesti sono comunque corpi materiali. Nel sistema celestiale della
"Nuova Finanza" i corpi non ci sono più. Tutto metafisico, surreale,
virtuale. Un tempo gli Stati avevano la moneta; ora è la moneta che ha
gli Stati. Ma la magia della moneta non è sempre positiva. È come nel
Faust: prima o poi le cambiali vengono alla scadenza».
A dire il vero, l'Europa rispetto alle grandi potenze non ha una banca centrale in grado di «battere moneta».
«È vero. Ma se guarda il bilancio della Bce, è quasi uguale a quello
della Fed. Con una grande differenza: là hanno gli Stati Uniti
d'America; noi qui abbiamo gli Stati relativamente divisi d'Europa.
Alla maniera di Bisanzio, dal novembre 2011 si è creata in Europa una
"quasi-moneta". La Bce non può finanziare gli Stati, ma finanzia le
banche che finanziano gli Stati. Siamo dunque anche noi nel corteo che
sale la montagna di carta».
Nel 2006 lei diede un'intervista che il Corriere intitolò «L'America rischia una crisi stile '29». Qual è il pericolo adesso?
«Alla massa monetaria illimitata corrisponde una quantità di rischio
illimitata o comunque indecifrabile. La crisi non è alle nostre spalle,
ma ancora davanti a noi. Dalle grandi crisi si può uscire con le
guerre, come dalla crisi del '29 uscirono Usa, Giappone e Germania.
Oppure con la "grande inflazione".
In Cina si distruggerebbe
il risparmio di decenni, destabilizzando il Paese. Potremmo avere un
altro tipo di esplosione. Non esiste una matematica della catastrofe.
Non esistono libri scritti su una cosa che non c'è ancora. Bernanke, il
presidente della Fed, non è andato al G7 in Inghilterra ma a una
conferenza a Chicago, dove ha detto: "Stiamo attenti alla prossima
bolla". Se lo dice lui!».
Ma di questa montagna di carta alle piccole imprese italiane è arrivato poco o nulla.
«È vero: soprattutto in Italia e in Spagna, il credito non arriva alle
imprese. Ma partiamo dal principio. Ricorda la metafora della crisi
come videogame? Ogni volta che abbatti un mostro, ne appare un altro
più forte. Il primo mostro è stata la megacrisi bancaria: crollano le
megabanche globali; crollano la fiducia e il commercio mondiale. L'arma
usata contro il primo mostro furono i bilanci pubblici».
Il secondo mostro è stato la crisi del debito sovrano.
«Il debito pubblico americano è esploso. A fianco, si è cominciato a
stampare moneta: dollari distribuiti dall'elicottero, o meglio dai
computer. Non più moneta fisica, ma impulsi elettronici. Il debito
pubblico europeo è salito di colpo fino al 90% del Pil.
Il
paradosso è che l'enorme massa di soldi pubblici è andata alla finanza,
non ai popoli. L'intervento pubblico non genera felicità, ma
austerità. Marx diceva: il comunismo sarà realizzato quando il denaro
sarà a tasso zero. Ora siamo vicini allo 0,5, ma allo 0,5 il denaro non è
per le famiglie con il mutuo, ma per le banche. Se vuole, è un tipo
nuovo di comunismo: il comunismo bancario».
E il terzo mostro?
«È nato dal fallimento di tutte queste politiche. È il crollo
bilaterale dei bilanci pubblici e delle economie reali. Stanno male gli
Stati e stanno male i popoli. Il terzo mostro è il collasso. Crisi
sovrana da una parte e recessione dall'altra. Per un anno abbiamo
parlato di spread finanziario. Adesso lo spread più rilevante è
economico e sociale».
Lo spread è dimezzato rispetto ai giorni della caduta del governo Berlusconi.
«Lo spread è pur sempre a 260, nonostante l'enorme massa di liquidità.
Nei primi tre anni di crisi, e senza immissione di liquidità, era a
120. Fino al novembre 2010 la politica europea era disegnata su due
livelli: sopra la responsabilità, sotto la solidarietà; sopra il
controllo europeo dei deficit, ma sotto gli eurobond.
Tutto
crolla con la passeggiata di Sarkozy e Merkel a Deauville, i quali
dicono: "Gli Stati possono fallire". Ora, che gli Stati possano fallire
è nella storia; ma che i governi ne annuncino il fallimento non è nella
ragione. I due passarono dal piano politico a quella della prassi
bancaria. Alla politica si sostituì la tecnica. E da noi la tecnica è
stata applicata dal governo Monti con tragico zelo».
Qual è la soluzione allora?
«La soluzione falsa, mascherata sotto il nome positivo di "Unione
bancaria", si chiama in realtà "Bail-in". Il "Bail-in" è stato
raccomandato dalla Bce ed è in discussione a Strasburgo. Le crisi
bancarie prossime venture non saranno più a carico dei contribuenti, ma
messe a carico dei "creditori" delle banche: i depositanti; i
risparmiatori. Naturalmente si raccomanda che siano preservati i
derivati, che sono il software della nuova moneta...».
Sta dicendo che, come a Cipro, si corre il rischio di un prelievo forzoso dai conti correnti?
«All'opposto, è quello che va evitato. Neanche con la salvaguardia dei
100 mila euro. Quando i padri costituenti discutevano sull'articolo 47
della Costituzione, Togliatti voleva scrivere che "la Repubblica tutela
il risparmio popolare".
Einaudi e Ruini dissero di no,
perché il risparmio è in sé un valore oggettivo. Per questo la
Costituzione dice: "La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in
tutte le sue forme". Dobbiamo difendere la nostra Costituzione.».
Lei è stato ministro dell'Economia dal 2008 al 2011. Cos'avete fatto per evitare la crisi?
«Estero, Italia. Estero: se la crisi è epocale e globale - lo è stata, e
lo è - puoi solo avvertire; ma al G7 sei 1 a 6, al G20 sei 1 a 19. Il
governo Berlusconi si è battuto per gli eurobond e per il "Global legal
standard", le regole per limitare lo strapotere della finanza. Votate
da tutti gli Stati dell'Ocse».
In Italia il vostro ritornello era: usciremo dalla crisi prima e meglio degli altri.
«Perfino il Sole 24 Ore ha ammesso che nel 2010 "l'Italia stava come la
Svizzera". E c'era ancora la coesione sociale, non l'angoscia
collettiva che c'è adesso. Poi non c'è stata una crisi economica, ma
politica.
Habermas ha scritto che in Italia c'è stato allora
un "dolce coup d'état". Ne ha fatto parte la lettera inviata all'Italia
da Trichet e Draghi, nel 2011, imponendo l'anticipo del pareggio di
bilancio, dal 2014 concordato in Europa, al 2013. Oggi invece tutti, o
quasi tutti, chiedono politiche espansive. È un'ironia che oggi, Italia
su Italia, la lettera sia tornata per la sua esecuzione proprio a chi
l'ha scritta».
Tra gli estensori del "Global legal standard", le nuove regole per la finanza, c'era anche Enrico Letta. Cosa pensa di lui?
«Sul governo Letta mi sono astenuto politicamente. Personalmente lo
stimo molto. Spero che non si limiti ad accarezzare i problemi».
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