Ign
E' la fotografia dell'Italia di oggi, scattata dall'Istat nel Rapporto
annuale 2013, e che vede più che raddoppiata in un anno (dal 2011 al
2012) la quota di persone "gravemente deprivate": dal 6,9% al 14,3%,
mentre negli ultimi due anni il 25,2% della popolazione ha sperimentato
almeno una volta la condizione di grave deprivazione materiale (il 6,2%
in tutti e due gli anni, il 19% in uno solo dei due anni).
Per restare nell'anno del raddoppio, il 2012, in termini assoluti si tratta di 8.608.000 persone.
Per "grave deprivazione", spiega l'Istat, si intende una condizione
di poverta' materiale con la mancanza di quattro o piu' indicatori su un
elenco di nove, e i 4 principali registrati nel nostro paese
assomigliano a condizioni da paese in guerra: "la mancanza di
possibilita' di pagare il riscaldamento, non potersi assicurare pasti
proteici adeguati ogni due giorni, niente vacanze, non avere a
disposizione 800 euro per gli imprevisti". Se si considerano solo tre di
questi elementi si passa alla categoria dei deprivati, quasi il 25%
(che però comprende, avverte l'Istituto, anche i gravemente deprivati).
FAMIGLIE -
La crisi colpisce le famiglie e stravolge le abitudini di vita. Il
potere d'acquisto delle famiglie e' diminuito nel 2012 del 4,8%,
certifica l'Istat nel suo rapporto annuale. Si tratta, evidenzia, di
"una caduta di intensita' eccezionale che giunge dopo un quadriennio
caratterizzato da un continuo declino. A questo andamento hanno
contribuito soprattutto la forte riduzione del reddito da attivita'
imprenditoriale e l'inasprimento del prelievo fiscale". Per far fronte
al calo del reddito disponibile, le famiglie hanno ridotto dell'1,6% la
spesa corrente per consumi: cio' corrisponde a una flessione del 4,3%
dei volumi acquistati, la piu' forte dall'inizio degli anni Novanta.
Parallelamente, e' diminuita la propensione al risparmio, che si attesta
ormai su livelli sensibilmente inferiori rispetto a quella delle
famiglie tedesche e francesi, piu' vicina alla propensione al risparmio
del Regno Unito, tradizionalmente la piu' bassa d'Europa. Nel 2012
aumenta al 62,3% il numero di famiglie che hanno adottato strategie di
riduzione della quantita' e/o qualita' dei prodotti alimentari
acquistati (quasi nove punti percentuali in piu' rispetto all'anno
precedente). Le tipologie familiari che nel 2012 hanno modificato
maggiormente i comportamenti di consumo alimentare in senso restrittivo
sono le coppie con figli, le famiglie di monogenitori e le famiglie con
membri aggregati (piu' del 64% di tali famiglie). Nel 12,3% dei casi le
famiglie scelgono per gli acquisti alimentari gli hard discount,
soprattutto al Nord. Nel Mezzogiorno sale al 73% la quota di famiglie
che riduce la quantita' e/o qualita' degli acquisti alimentari dal 65,2%
del 2011. Al Nord tale strategia coinvolge il 55,5% delle famiglie (con
un incremento di quasi 10 punti percentuali), al Centro il 61,8%.
LAVORO -
Le opportunita' di ottenere o conservare un impiego per i giovani si
sono significativamente ridotte. Tra il 2008 e il 2012, rileva l'Istat
nel rapporto annuale, gli occupati 15-29 enni sono diminuiti di 727 mila
unita' (di cui 132 mila unita' in meno nell'ultimo anno) e il tasso di
occupazione dei 15-29enni e' sceso di circa 7 punti percentuali (-1,2
punti nell'ultimo anno) raggiungendo il 32,5%. Nello stesso periodo, il
tasso di occupazione dei 30-49enni si e' ridotto di 3,1 punti
percentuali (-0,8 punti percentuali nel 2012) mentre e' aumentato tra i
50-64enni, soprattutto per le donne (+4,0 punti percentuali in media,
+5,6 se donne; nel 2012 rispettivamente +1,7 e +2,4 punti percentuali).
Nel 2012 il tasso di occupazione e' cosi' pari al 72,7% per i 30-49enni,
e al 51,3% per i 50-64enni. Il tasso di disoccupazione dei giovani tra i
15 e i 29 anni tra il 2011 e il 2012 e' aumentato di quasi 5 punti
percentuali, dal 20,5 al 25,2% (dal 31,4 al 37,3% nel Mezzogiorno); dal
2008 l'incremento e' di dieci punti. Sono stati relativamente piu'
colpiti i giovani con titolo di studio piu' basso, in modo particolare
quanti hanno al massimo la licenza media (+5,2 punti). Il numero di
studenti e' rimasto sostanzialmente stabile attorno ai 4 milioni (il
41,5% dei 15-29enni; 3 milioni 849 mila nel 2008). L'Italia ha la quota
piu' alta d'Europa (23,9%) di giovani 15-29enni che non lavorano ne'
frequentano corsi di istruzione o formazione (i cosiddetti Neet, Not in
Education, Employment or Training). Si tratta di due milioni 250 mila
giovani: il 40% e' alla ricerca attiva di lavoro (49% tra gli uomini,
33,1% tra le donne), circa un terzo appartiene alle forze di lavoro
potenziali, nel restante 29,4% sono inattivi che non cercano lavoro e
non sono disponibili a lavorare. Il numero di Neet tra il 2011 e il 2012
e' aumentato del 4,4% (+21,1% dal 2008, pari a 391mila giovani), per
effetto della crescita della componente dei disoccupati (+23,4%,
equivalente a 172 mila unità in piu').
IMPRESE -
Le imprese giocano in difesa e subiscono la crisi. Le strategie
adottate negli ultimi anni, registra l'Istat nel suo rapporto annuale,
sono prevalentemente di tipo difensivo: nel 2011 circa il 64% delle
piccole aziende e il 69,4 delle grandi ha cercato di mantenere le
proprie quote di mercato. Oltre la meta' delle medie e grandi imprese si
e' spinta verso nuovi mercati e circa il 50% ha puntato sull'aumento
della gamma dei prodotti; queste strategie sono state adottate
rispettivamente dal 35 e dal 20% delle piccole aziende. Il sistema
produttivo italiano e' caratterizzato da intense relazioni tra imprese;
ha stretto accordi di commessa oltre il 40% delle piccole imprese e il
65% delle medie e grandi (piu' inserite, queste ultime, nelle catene del
valore nazionali e internazionali), mentre i legami di subfornitura
riguardano circa un terzo delle piccole e il 55% delle grandi imprese.
Circa il 25% di queste ultime, infine, ricorre ad accordi di tipo
formale quali consorzi o joint ventures. Le imprese a conduzione
familiare con meno di 10 addetti presentano in generale un profilo
strategico elementare: oltre un terzo si attesta su scelte di tipo
esclusivamente difensivo (mantenimento della quota di mercato o
ridimensionamento dell'attivita'), e un altro 30% si limita a una sola
strategia tra quelle piu' ''complesse'' (innovazione, aumento della
gamma di prodotti, accesso a nuovi mercati, intensificazione delle
relazioni con altre imprese).
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