Marco Travaglio (Il Fatto Quotidiano)
Chi ha visto i tg e i talk di lunedì e ha letto i giornali di ieri s’è  fatto l’idea che gli italiani, improvvisamente impazziti tre mesi fa  quando andarono in massa a votare Grillo, siano prontamente rinsaviti  precipitandosi a premiare il Pd e le sue larghe intese col Pdl. A parte  una quota crescente di elettori che, in preda a una non meglio precisata  “disaffezione” o “distacco” dalla politica, è rimasta a casa. Corriere : “Vince l’astensione, perde Grillo, sale il Pd”. Repubblica : “La rivincita del Pd, crolla Grillo”. La Stampa: “Fuga dal voto, flop dei grillini, il Pd risale”. L’Unità: “Avanti centrosinistra”, “La spinta per ripartire”. Libero :  “La tenuta del Pd allunga la vita al governo Letta”. Poi uno legge i  numeri e scopre che non ha perso solo Grillo. Han perso tutti. Chi  molto, chi moltissimo. Prendiamo Roma. Alle  ultime comunali del 2008, quando Alemanno batté Rutelli al  ballottaggio, il Pd prese 520.723 voti (34,04%) e il Pdl 559.559  (36,57%). L’altroieri il Pd s’è fermato a 267.605 (26,26%) e il Pdl a  195.749 (19.21%). Cioè: il Pd ha perso 295.160 voti (-43%) e il Pdl  457.935 (-65%). Ma, si dirà, era un altro mondo: i neonati 5Stelle si  fermarono al 2%. Bene. Allora vediamo le politiche di febbraio 2013. A  Roma il Pd raccolse 458.637 voti (28,66%) e il Pdl 299.568 (18,72%).  Cioè: in tre mesi il Pd ha perso per strada 191.032 voti (-41%) e il Pdl  103.819 (-34%). Che senso ha dire che il Pd “sale”, o “avanza”, o  “tiene”, o “risale” o addirittura ottiene la “rivincita”, quando nei  comuni capoluogo perde il 38% dei voti in tre mesi? Sappiamo bene che,  nelle comunali, conta arrivare primi. Ma questo varrebbe anche se la  prossima volta i votanti fossero tre, e due scegliessero il Pd e uno il  Pdl: sarebbe questa una vittoria, una salita, una risalita, una  rivincita, una tenuta, un’avanzata, una spinta? Ma ecco l’angolo del  buonumore, cioè il Giornale. Titolo: “Il voto non preoccupa il  Cav: il governo rimane al sicuro”. Svolgimento: “Che avrebbe dovuto  pagare un piccolo pedaggio alle larghe intese, il Cavaliere l’aveva  messo in conto”. Piccolo pedaggio? Perdere due terzi dei voti a Roma in  cinque anni e un terzo in tre mesi è un “piccolo pedaggio”? E  l’estinzione allora che cos’è, un medio pedaggio? Sallusti News parla  anche di “flop dell’antipolitica”: il 50% fra astenuti e grilli non gli  basta, comincerà ad accorgersene dal 90% in su. Il meglio però lo danno  gli aruspici delle larghe intese, intenti a leggere i fondi di caffè per  saggiare la magnifiche sorti e progressive dell’inciucio. Enrico Letta  non ha dubbi: “Ha vinto il governo delle larghe intese, nessun premio  alle forze di opposizione. Dicevano che il cosiddetto inciucio doveva  portare Grillo all’80%: si sbagliavano, al ballottaggio vanno solo  candidati del Pd e del Pdl”. Il Genio Nipote non s’è neppure accorto che  i protagonisti delle larghe intese, Pd e Pdl, han perso almeno un  milione di voti su sette in tre mesi (di Monti è inutile dire: non  pervenuto). E non lo sfiora neppure l’idea che Pd e Pdl vadano al  ballottaggio proprio perché si presentano l’un contro l’altro armati,  non affratellati in un’unica lista, secondo uno schema che è l’esatto  opposto delle larghe intese. Ma sentite l’acuto Epifani: “La gente ha  capito che questo governo non è un inciucio, ma un servizio al Paese”.  Forse non sa che Marino è uno dei pochi pidini che han votato contro il  governo Letta. O forse pensa davvero che a Isola Capo Rizzuto i pochi  elettori superstiti, mentre si trascinavano ai seggi, si interrogassero  pensosi sui destini delle larghe intese. Ma sì, dai, non è successo  niente, anzi è tornato tutto come prima. A parte un filo di  “disaffezione”, ecco. Questi, quando vedranno i primi i forconi,  esulteranno fischiettando: “Visto? Stiamo rilanciando l’agricoltura”.
Ps. A Sulmona va al ballottaggio, secondo classificato col 21,8%,  l’ingegner Fulvio Di Benedetto, della coalizione civica Sulmona Unita.  Il quale, purtroppo, è morto 15 giorni fa. Un altro ottimo auspicio per  le larghe intese.
 
 
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