10.5.13

Gli scrittori contro Facebook: il caso Aldo Nove

  Giuseppe Genna

E' dunque venuto il momento, per la cecità e sordità dei bot di Zuckerberg, che si giunga a uno scontro tra il paradigma umanistico e quello digitale "vuoto". Affrontiamo la questione dei diritti digitali e delle visioni del mondo che sottendono comunità differenti: quella di automi bluette e insenzienti tra cui non vige legame di amore, e quella umana che professa l'amore come legge concreta e universale.
Il fatto parrebbe di poco conto ed è qui brevemente riassunto. Da mesi accade che il profilo Facebook dello scrittore Aldo Nove venga disabilitato per decisioni incomprensibili da parte del centro esoterico del social network, che Mark Zuckerberg nemmeno ha inventato. Per lo scontento delle migliaia di utenti che seguono quotidianamente ciò che scrive un umanista e intellettuale molto amato, quale è Aldo Nove, i suoi status gli sono disappropriati, resi irraggiungibili, azzerati in un silenzio gelido da refrigerazione dei server. Il fatto non è affatto di poco conto, se si comprende che ciò che su tale Social Network impulsa l'autore de La vita oscena: è la letteratura. L'evidente movimento della lingua e dell'immaginario che Aldo Nove scandisce con ritmo altalenante e ipnotico è praticamente identico al susseguirsi di ritmi e immagini che impulsa la stessa poesia e, con essa, ogni genere letterario. Chi non lo capisce è scemo.
Sono scemi infatti i bot di Facebook. Probabilmente in base a segnalazioni scorrette di utenti e di fake, preda delle neurosi da flame e da trolling che, ab initio, contraddistingono le bacheche delle BBS, i forum digitali e i commenti dei blog, gli algoritmi automatizzati e semiviventi di Zuckerberg, con un pizzico di provincialismo tutto italiano, intervengono a censurare automaticamente luoghi in cui la lingua si fa e l'umanista non può non militare. Si scontrano in questo modo due sentimenti e visioni del mondo opposti: da un lato l'algebra impazzita e dissociata (si legga anche: dissociativa) dell'automatismo digitale; dall'altro l'algebra per nulla impazzita, consapevole e autodiretta del poeta, che propone il nome e la forma alla comunità umana in cui opera.
Si tratta di un emblema di questi decenni stracciati, tempo di killeraggi silenziosi che faranno fruttare killeraggi per nulla silenziosi. Si tratta di un processo alienativo che porta l'umano a fare scorrere compulsivamente l'indice sul touchscreen del device prediletto, lo sguardo stolido e incantato che si svuota di presenza, una semitrance che uccide il potere della noia e del "noi": uno scrolling potenzialmente infinito, in cui incantarsi, per sostituire un'alienazione reale a un'alienazione altrettanto reale - quella della routine con quella di un fantasma di scelta.
Scegliere all'interno del recinto, costrutto con regole contraddittorie tra loro, è il fantasma del momento. Si tratta di un momento geometrico, non temporale: è l'ampiezza di mondo in cui operano gli artisti, hanno sempre operato, opereranno sempre. Si tratta dello spazio immaginario che fa maturare il memorabile e lo stupore. La seminagione linguistica e di immaginario che prosegue a realizzare uno scrittore quale Aldo Nove è esattamente praticata in tale spazio. A questa seminagione si oppone un agente antifecondativo e antiumano: è ciò che l'emblema Zuckerberg rappresenta, per esempio, nelle scene iniziali di The Social Network, capolavoro cinematografico di David Fincher.
Se si tenta il dialogo, si crolla in quel silenzio raggelato di cui sopra: il Social Network non risponde. Esso, che impone leggi dissociate, è fuori della legge. Principio di sovranità filosoficamente banale, che sperava sin dagli esordi di essere praticato da ciò che è banale e dorme insepolto nell'umano: la macchina.
A questo silenzio gelido, emblematizzato da Facebook, gli scrittori hanno da rispondere con le parole, i ritmi e le immagini che significano l'amore tra umani e senso.
Ora, ci offriamo ai media che, terra di conquista per il robotico morituro digitale, resta ancora parte di un comparto umanistico. Che si tratti del Corriere della Sera o di Repubblica o de La Stampa o de l'Unità, emblemi dei media, noi scrittori, emblemi dell'umanismo, ci rivolgiamo al giornalismo per esplicare la battaglia per i diritti digitali. Se l'appello non viene raccolto (ma dubito, poiché ancora costituiamo una notizia e un diversivo: siamo divertenti), ci sposteremo in un altro Social Network, magari Google+, che abbisogna di quota umanistica, perché non funziona ancora in forza del fatto che è "freddo", come testimoniano le ricerche di cui Big G è in possesso.
Come disse Franco Fortini nella sua Verifica dei poteri (1963, con evidenza anno fatale per la letteratura italiana): "Abbiamo ancora la testa fuori dell'acqua e siamo capaci di pensare". O, per dirla con William S. Burroughs, a proposito di Jack Kerouac: "State attenti agli scrittori, calcolate quanti jeans Levi's ha fatto vendere Jack".

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