Giuseppe Genna
E' dunque venuto il momento, per la cecità e sordità dei bot di
Zuckerberg, che si giunga a uno scontro tra il paradigma umanistico e
quello digitale "vuoto". Affrontiamo la questione dei diritti digitali e
delle visioni del mondo che sottendono comunità differenti: quella di
automi bluette e insenzienti tra cui non vige legame di amore, e quella
umana che professa l'amore come legge concreta e universale.
Il fatto
parrebbe di poco conto ed è qui brevemente riassunto. Da mesi accade
che il profilo Facebook dello scrittore Aldo Nove venga disabilitato per
decisioni incomprensibili da parte del centro esoterico del social
network, che Mark Zuckerberg nemmeno ha inventato. Per lo scontento
delle migliaia di utenti che seguono quotidianamente ciò che scrive un
umanista e intellettuale molto amato, quale è Aldo Nove, i suoi status
gli sono disappropriati, resi irraggiungibili, azzerati in un silenzio
gelido da refrigerazione dei server. Il fatto non è affatto di poco
conto, se si comprende che ciò che su tale Social Network impulsa
l'autore de La vita oscena: è la letteratura. L'evidente
movimento della lingua e dell'immaginario che Aldo Nove scandisce con
ritmo altalenante e ipnotico è praticamente identico al susseguirsi di
ritmi e immagini che impulsa la stessa poesia e, con essa, ogni genere
letterario. Chi non lo capisce è scemo.
Sono scemi infatti i bot di
Facebook. Probabilmente in base a segnalazioni scorrette di utenti e di
fake, preda delle neurosi da flame e da trolling che, ab initio,
contraddistingono le bacheche delle BBS, i forum digitali e i commenti
dei blog, gli algoritmi automatizzati e semiviventi di Zuckerberg, con
un pizzico di provincialismo tutto italiano, intervengono a censurare
automaticamente luoghi in cui la lingua si fa e l'umanista non può non
militare. Si scontrano in questo modo due sentimenti e visioni del mondo
opposti: da un lato l'algebra impazzita e dissociata (si legga anche:
dissociativa) dell'automatismo digitale; dall'altro l'algebra per nulla
impazzita, consapevole e autodiretta del poeta, che propone il nome e la
forma alla comunità umana in cui opera.
Si tratta di un emblema di
questi decenni stracciati, tempo di killeraggi silenziosi che faranno
fruttare killeraggi per nulla silenziosi. Si tratta di un processo
alienativo che porta l'umano a fare scorrere compulsivamente l'indice
sul touchscreen del device prediletto, lo sguardo stolido e incantato
che si svuota di presenza, una semitrance che uccide il potere della
noia e del "noi": uno scrolling potenzialmente infinito, in cui
incantarsi, per sostituire un'alienazione reale a un'alienazione
altrettanto reale - quella della routine con quella di un fantasma di
scelta.
Scegliere all'interno del recinto, costrutto con regole contraddittorie tra loro, è il fantasma del momento. Si tratta di un momento
geometrico, non temporale: è l'ampiezza di mondo in cui operano gli
artisti, hanno sempre operato, opereranno sempre. Si tratta dello spazio
immaginario che fa maturare il memorabile e lo stupore. La seminagione
linguistica e di immaginario che prosegue a realizzare uno scrittore
quale Aldo Nove è esattamente praticata in tale spazio. A questa
seminagione si oppone un agente antifecondativo e antiumano: è ciò che
l'emblema Zuckerberg rappresenta, per esempio, nelle scene iniziali di The Social Network, capolavoro cinematografico di David Fincher.
Se
si tenta il dialogo, si crolla in quel silenzio raggelato di cui sopra:
il Social Network non risponde. Esso, che impone leggi dissociate, è
fuori della legge. Principio di sovranità filosoficamente banale, che
sperava sin dagli esordi di essere praticato da ciò che è banale e dorme
insepolto nell'umano: la macchina.
A questo silenzio gelido,
emblematizzato da Facebook, gli scrittori hanno da rispondere con le
parole, i ritmi e le immagini che significano l'amore tra umani e senso.
Ora,
ci offriamo ai media che, terra di conquista per il robotico morituro
digitale, resta ancora parte di un comparto umanistico. Che si tratti
del Corriere della Sera o di Repubblica o de La Stampa o de l'Unità,
emblemi dei media, noi scrittori, emblemi dell'umanismo, ci rivolgiamo
al giornalismo per esplicare la battaglia per i diritti digitali. Se
l'appello non viene raccolto (ma dubito, poiché ancora costituiamo una
notizia e un diversivo: siamo divertenti), ci sposteremo in un
altro Social Network, magari Google+, che abbisogna di quota umanistica,
perché non funziona ancora in forza del fatto che è "freddo", come
testimoniano le ricerche di cui Big G è in possesso.
Come disse Franco Fortini nella sua Verifica dei poteri (1963,
con evidenza anno fatale per la letteratura italiana): "Abbiamo ancora
la testa fuori dell'acqua e siamo capaci di pensare". O, per dirla con
William S. Burroughs, a proposito di Jack Kerouac: "State attenti agli
scrittori, calcolate quanti jeans Levi's ha fatto vendere Jack".
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