23.4.09

Tutto va bene

di Galapagos
C'è sempre un fondo nei precipizi qualunque sia la loro profondità e affermare che la crisi economica è destinata prima o poi a terminare è una banalità. Meno banale è l'uso che si fa di queste affermazioni. Come ha sostenuto ieri Guglielmo Epifani il governo sparge ottimismo per nascondere le proprie responsabilità politiche di inazione nella gestione della crisi. Insomma, non fa nulla promettendo che già nel secondo semestre dell'anno si avvierà la ripresa.Il primo ottimista è stato Tremonti, affermando che la crisi della banche era risolta. Ergo: con la soluzione della crisi finanziaria si avvierà a soluzione anche la crisi dell'economia reale. Ma non la pensa così il Fondo monetario internazionale che oltre a diffondere un paio di settimane fa cifre sconvolgenti sull'arretramento del Pil mondiale nel 2009 (oltre il 4% per l'Italia) in un rapporto presentato ieri ha fatto sapere che la crisi finanziaria costerà tantissimo ai governi (e a cascata ai contribuenti) visto che stima in 4 mila miliardi di dollari la cifra necessaria per mettere una «pezza» alle follie finanziarie del sistema bancario. Di più: l'Fmi sostiene anche che dell'importo reale degli asset tossici in circolazione ne sappiamo ancora pochino e i 4 mila miliardi di dollari potrebbero rivelarsi una somma inadeguata a coprire il «buco».L'ottimismo di Tremonti ha fatto breccia nella Marcegaglia e altri imprenditori. Ieri al coro degli ottimisti si è aggregato il ministro Scajola secondo il quale non c'è da temere visto che in marzo gli ordinativi dall'estero sono aumentati. Il problema è che non aumentano (lo dice la Confindutria) quelli dall'interno, visto che masse di lavoratori vengono progressivamente emarginate. Lo conferma un dato della Cisl: nel primo trimestre nella sola Lombardia 15.410 lavoratori hanno perso il posto e 1.126 imprese (al 10 marzo) hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali, che significano 700-800 euro di Cig. Insomma, stiamo diventando un paese nel quale cresce la povertà relativa e l'emarginazione.Una conferma è arrivata ieri da un'audizione parlamentare di Andrea Brandolini, un dirigente della Banca d'Italia, secondo cui, cifre alla mano, negli ultimi 15 anni gli operai e gli impiegati sono diventati più poveri perché «si sono verificati movimenti ridistributivi orizzontali che hanno modificato le posizioni relative alle classi sociali». Per buon peso occorre citare R&S, l'istituto di ricerche di Mediobanca che analizza oltre 2 mila imprese italiane ricavandone che la quota dei profitti (e delle rendite) negli ultimi 20 anni è cresciuta a dismisura mentre è precipitata la quota dei salari e del costo del lavoro. Come ha sostenuto recentemente Emiliano Brancaccio, la riduzione dei salari è un vantaggio per una singola impresa, ma a livello globale i salari sono domanda di consumi. Conseguenza: se la distribuzione del reddito penalizza i salari alla fine ci sarà una crisi di sovraproduzione delle imprese e una di sotto consumo dei lavoratori. E un governo che non fa nulla per i lavoratori vaticinando una ripresa in tempi brevi fa solo politica classista, anziché impegnarsi in una politica redistributiva e dover pietire perfino i soldi per fronteggiare l'emergenza terremoto.
ilmanifesto.it

Nessun commento: