17.4.09

Editoria liquida in trepida attesa dell'e-book - Inchiesta/5

di Maria Teresa Carbone
Nonostante si dichiarino in maggioranza attrezzati sul piano tecnico ad affrontare la imminente «rivoluzione elettronica», gli editori italiani appaiono estremamente prudenti in questa fase di passaggio. Da un lato i congegni per la lettura degli «e-book» non sono ancora perfezionati, dall'altro, ed è quello che più conta, l'abbandono della carta porta con sé problemi ancora irrisolti sulla gestione dei dirittiC'è quello che, per prendere tempo, si schiarisce la gola e parla di «una domanda da un milione di dollari», preannunciando una telefonata che non arriverà; quello che scherzosamente si appella al quinto emendamento e promette di rispondere tra qualche settimana, quando avrà messo a punto la sua linea di difesa; quello infine che si trincera dietro una tra le più celebri repliche letterarie, il «Preferirei di no» dello scrivano Bartleby. Può essere solo un caso, una coincidenza, ma la maggior parte degli editori italiani che abbiamo interpellato sulle misure già prese o comunque deliberate per attrezzarsi di fronte a quella che si preannuncia come una vera rivoluzione, il passaggio dalla concretezza della carta all'evanescenza elettronica, hanno assunto l'aria degli studenti chiamati senza preavviso alla lavagna dall'insegnante.E sì che all'ultima Fiera di Francoforte, in ottobre, il direttore della Buchmesse, Joergen Boos, ha detto che ormai «i nuovi lettori hanno creato le condizioni per fare del lettore di e-book un prodotto di massa». E in tempi e luoghi ancora più vicini a noi, solo una decina di giorni fa, al convegno «Libri in svendita: quale futuro?» organizzato dall'Associazione Librai italiani a Orvieto per parlare dell'annosa questione degli sconti indiscriminati, il direttore di Mondadori, Gian Arturo Ferrari, ha ammesso che, certo, il problema esiste, e rischia di avere conseguenze ancora più pesanti adesso che c'è la crisi, ma che tutto questo rischia di scomparire nel momento in cui i «contenuti liquidi» prenderanno il sopravvento. Un momento piuttosto vicino, a detta di moltissimi editori: in un sondaggio internazionale i cui risultati sono stati presentati proprio in occasione della Fiera di Francoforte, il 40 per cento dei responsabili delle case editrici si è dichiarato convinto che entro dieci anni le vendite dei libri elettronici supereranno quelle dei testi tradizionali, e il 70 per cento ha affermato di essersi già attrezzato per il passaggio al digitale.«Tecnicamente - conferma Oliviero Ponte di Pino, direttore editoriale di Garzanti (sigla che ormai da alcuni anni fa capo al gruppo Mauri-Spagnol) - la conversione al formato elettronico non rappresenta un problema per la maggior parte degli editori. Più delicata è la questione dei supporti, gli e-book reader, che pure si sono evoluti moltissimo negli ultimi anni: la lettura su schermo ha oggi caratteristiche molto simili a quella su carta, e comunque non spaventa i lettori più giovani. Anche se proprio la rapidità con cui si sviluppano queste tecnologie può essere paradossalmente un atout per la carta: negli ultimi anni abbiamo venduto diciassette milioni di Garzantine in abbinamento a quotidiani e settimanali, una cifra enorme, eppure inizialmente i nostri interlocutori nei giornali storcevano il naso, perché avrebbero voluto le enciclopedie su cd-rom. E oggi i cd-rom si sono praticamente estinti!».Ma il punto davvero dolente, quello che impone agli editori, italiani e non solo, una grande prudenza, è la gestione dei diritti, resa adesso ancora più complessa dal Google settlement, la transazione che il gigante informatico statunitense propone - ma di fatto impone - a editori e autori dell'intero pianeta per l'inclusione delle loro opere all'interno del Google Library Project, il programma che si prefigge di indicizzare «tutta la conoscenza del mondo».«Rifiutare - osserva Ponte di Pino - è impossibile, almeno nel panorama attuale, perché il rischio è di scomparire nel nulla, ma accettare significa fare un salto nel buio, perché l'accordo di Google stravolge completamente lo scenario di leggi e consuetudini a cui siamo abituati. E non è un caso probabilmente che questa forzatura sul copyright venga dall'America proprio quando i più importanti gruppi editoriali, da Bertelsmann a Holtzbrinck a Hachette, sono in mani europee».Forse perché le edizioni Bruno Mondadori appartengono a un gruppo, Pearson, che ha le sue sedi principali da una parte e dall'altra dell'Atlantico, a Londra e a New York, ed è specializzato soprattutto nel settore pilota dell'educazione, il tono con cui Maria Rosa Bricchi, direttore editoriale appunto di Bruno Mondadori, parla del passaggio alla «editoria liquida» è molto più tranquillo di quello di tanti suoi colleghi: «Sul piano internazionale, il passaggio all'editoria elettronica è molto avanti, e anche in Italia i testi scolastici e scientifici pubblicati dalle varie sigle del gruppo non possono non tenere conto delle trasformazioni in atto nella scuola. Ma anche noi ci stiamo attrezzando, e abbiamo già in catalogo un testo, Geopolitica del conflitto arabo israeliano palestinese di Giovanni Codovini, che è un"ibrido". Insieme al libro "di carta" viene fornita una password che consente di accedere online a documenti, cronologia e mappe, che vengono costantemente aggiornati».Su un ibrido, e piuttosto audace, si fonda la produzione (futura) della nuovissima casa editrice Il gatto e la luna, che propone «e-books a prezzi modici» - in pratica adesso un solo libro, il classico per ragazzi Anna dei tetti verdi di di Lucy Maud Montgomery, ritradotto appositamente e scaricabile in formato pdf, per due euro. Non c'è bisogno di aggiungere che la direttrice - nonché ufficio stampa, traduttrice, insomma factotum - Ilaria Isaia si è lanciata nell'impresa per passione, con un budget «pari a zero», ma con idee chiare («gli ebooks sono ancora cervellotici, il pdf è più agile, e si scarica anche sul navigatore satellitare») e alcune ambizioni («ho cominciato con un classico, ma non mi dispiacerebbe proporre testi contemporanei»). Come navigherà la piccola sigla nel grande mare di Internet, è impossibile prevedere. Per fortuna «quello che conta per me - dice Ilaria - è che faccio il lavoro che mi piace di più».
ilmanifesto.it

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